Stereotipi, è giusto eliminarli solo per sostituirli con altri stereotpi?
Ogni estate, grazie a un po’ più di tempo libero, mi regalo pomeriggi di lettura. Così, qualche giorno fa, ho finito di leggere “Scheletri” di Stephen King. È mia abitudine, soprattutto con i libri del “Re”, leggere e poi guardare l’eventuale film o serie tv.
Piccola premessa, ritengo King un mostro sacro come autore di libri, ma una pippa colossale quando si tratta di cedere i diritti per la realizzazione di opere cinematografiche. A parte “IT”, “Carrie”, “Shining” e “Misery”, tutte le trasposizioni sono state a mio avviso dei flop colossali.
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Come volevasi dimostrare, già dopo i primi minuti di visione, mi sono accorto che qualcosa fosse stato cambiato: i protagonisti maschili (padre e figlio) sono stati sostituiti da protagoniste femminili (una madre e una figlia). Tempo 20 minuti ed ho interrotto la visione. Una scena di lotta (non presente nel libro) tra la madre e un soldato (naturalmente con vincitrice la donna) è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non per la cosa in sé (è ovvio, esistono le donne forti), sia chiaro, ma semplicemente perché oramai è l’unico modello femminile che viene proposto. La donna-uomo che non ha assolutamente bisogno di un uomo che, se potesse, partorirebbe per partenogenesi. È da anni che Netflix e Co. ci offrono in pratica solo questo.
Ho chiesto sui social se le donne fossero d’accordo con questa nuova narrativa. In coro mi è stato risposto di si. Io invece non ne comprendo il motivo (anche se capisco la voglia di rivalsa) e vi spiego le mie ragioni:
Negli ultimi tempi, la moda dell’ideologia woke è entrata a gamba tesa nelle nostre vite. È presente in quasi tutte le opere televisive trasmesse in streaming. E così I gay sono sempre bravissime ed innocenti persone, le donne sono fortissime e non hanno mai bisogno di uomini, i neri sono talmente integrati nella società che hanno iniziato a “rubare” per davvero il lavoro ai bianchi. Infatti la Sirenetta, Cleopatra e Achille sono diventati neri.
Solo gli italiani continuano ad essere dei gesticolatori compulsivi dall’improbabbile accento (questa cosa poi qualcuno ce la dovrà spiegare).
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Dov’è il problema? Hanno cancellato tutte le sfumature degli esseri umani. Hanno cancellato stupidi stereotipi sostituendoli con altri stereotipi. Questa, a mio avviso, non è cultura: è una presa per il culo bella e buona. Soprattutto perché ideata solo per aumentare i profitti. Quindi è una ideologia ipocrita.
È vero, per 50 anni la tv è stata piena di donne stupide che non potevano vivere senza un uomo, che prendevano “virili” ceffoni quando si comportavano da checche isteriche e che al massimo potevano aspirare a fare le segretarie per beccarsi come unica gratificazione qualche pacca sul fondoschiena.
Per non parlare poi della comunità LGBTQ, sempre rappresentata in modo offensivo, derisa di continuo in quasi ogni opera cinematografica. E che dire delle minoranze etniche? Indiani con le penne, neri delinquenti, asiatici tutti esperti del kung-fu. Bello schifo!
Ma siamo proprio sicuri che questo nuovo modo di raccontare le cose sia giusto? Perché a me sembra più come l’aver tolto un vizio per sostituirlo con un altro vizio. Un po’ come i fumatori che, per smettere, passano alle gomme alla nicotina.
Esistono donne cazzute che non hanno bisogno di nessuno, che ti spaccherebbero il muso se potessero. Poi ci sono donne dolci che amano essere in compagnia di un uomo perché si completano a vicenda ed esistono donne fragili. Ci sono gay che non si comportano da femminucce e che non per forza hanno fisici palestrati e, tenetevi forte, possono anche essere degli stronzi malvagi e avere gusti di merda per la moda. Esistono persone di colore che sanno ballare, ma anche quelli che quando danzano fanno cagare.
Esistono uomini forti ed esistono uomini deboli, esistono uomini violenti e uomini dolci, esistono porci ma anche uomini rispettabili.
Perché allora non raccontare le cose sfruttando tutte le sfumature della razza umana? Basta con la narrativa da codice binario dove si riduce tutto a 0 o 1.
Fatevene una ragione.
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