Grazie al lavoro dei miei genitori ho avuto l’opportunità di vivere il mondo dello sport ed ho avuto la possibilità, e la fortuna, di praticarne diversi.
Ne ho provati davvero tanti, ma se c’è n’è uno che mi ha lasciato qualcosa in più degli altri è sicuramente il judo. L’ho amato così tanto che l’ho praticato fino al conseguimento agonistico della cintura nera 2° dan e l’ho insegnato per più di una decade.
Judo è una ex arte marziale giapponese (oggi è definito uno sport) e, come tutte le discipline orientali, è permeata di insegnamenti profondi che, se traslati nella vita di tutti i giorni, possono aiutarci a migliorarla e ad affrontare le difficoltà.
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A differenza di tutte le altre arti marziali, nel judo non esistono calci e pugni e questo è stato uno dei motivi che mi hanno portato ad amarla.
Odio la legge del più forte perché puoi essere forte, grande, grosso e violento quanto vuoi, prima o poi incontrerai sempre uno più forte di te che ti spezzerà. Molto meglio invece imparare a vivere.
Nel judo ci sono esclusivamente tecniche di proiezione e di immobilizzazione.
1. Mai forza contro forza
La prima cosa che viene insegnata ad un bambino che ha deciso di diventare un judoka è che nel judo non vince il più forte, ma chi riesce, grazie all’apprendimento delle tecniche giuste, ad utilizzare la forza dell’avversario a proprio vantaggio.
Immaginiamo ad esempio un incontro tra Davide contro Golia, faccia a faccia, entrambi hanno le braccia tese e le mani sulle spalle dell’altro, inizia una gara di spinta. È ovvio che Davide non avrebbe chances. Cosa accadrebbe però se Davide, dopo aver opposto una forte resistenza iniziale, invece di continuare a spingere, all’improvviso iniziasse a tirare e lo indirizzasse verso il basso?
Accadrebbe che Golia, a causa dalla sua stessa forza si ritroverebbe proiettato al suolo.
Questo concetto mi ha insegnato quanto sia inutile opporsi con forza alle difficoltà. Certo, ci può andare bene ma alla lunga è sfiancante. Molto meglio resistere e retrocedere, resistere e retrocedere fin quando non si apre uno spiraglio per buttarle giù e batterle.
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2. La metafora del salice piangente
Un altro concetto che i veri maestri di judo insegnano ai loro piccoli allievi è quello del salice piangente e della neve.
Durante una bufera di neve, in una foresta, gli alberi vengono ricoperti da una coltre bianca sempre più pesante, talmente pesante che dopo molte ore iniziano quasi ad esserne schiacciati. Molti alberi tentano di opporsi resistendo strenuamente, anche quando il peso diventa insostenibile. Resistono, si oppongono ma alla fine devono arrendersi e si spezzano. Il salice piangente però si comporta in modo diverso, non ha rami rigidi e oppone solo un minimo di resistenza, lascia che il peso pieghi i suoi rami fino a quando, con quello che sembra un dolce movovimento, se la scrolla tutta da dosso e torna nella sua posizione naturale. Senza il minimo danno.
Questo concetto mi ha insegnato quanto sia stupido sentirsi superiori alle avversità, di quanto sia inutile cercare di resistere con tutte le forze al peso della vita e di quanto invece sia saggio scrollarsi da dosso le cose un po’ alla volta.
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3. La metafora del ciclo delle cinture
Come nel campo militare, anche nelle arti marziali esistono i gradi: le cinture.
Esiste una leggenda da tatami secondo cui la cintura bianca (quella con cui si inizia) è sia la prima che l’ultima ad essere conseguita. Questo è uno dei concetti che adoro. Non importa quanti anni tu abbia praticato e quante cose tu abbia imparato. Alla fine potrai ricominciare per poter imparare ancora. Non si finisice mai di imparare.
L’umiltà cazzo! Questo concetto così sconosciuto oggi.
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4. Le cadute
La prima cosa che si insegna ai bambini è a cadere. Combattendo si cadrà tantissime volte, tanto vale imparare a farlo bene.
Esiste un proverbio giapponese che recita:
Caduto sette volte, rialzati otto – 七転八起
Pretendere di non cadere è davvero stupido, prima o poi – volenti o nolenti – capiterà a tutti di trovarsi col culo a terra. C’è chi piange e chi si rialza.
Quante volte sono finito a terra! Non importa, Judo mi ha insegnato a cadere senza farmi troppo male e soprattutto a rialzarmi, sempre.
5. Mai essere rigidi, la metafora dell’acqua
La rigidità è la virtù dei morti (autocitazione)
Essere rigidi (mentalmente e fisicamente) nel judo equivale ad una sconfitta certa. Nella vita è lo stesso. Quando stupidamente prendiamo una posizione rigida senza lasciare spiragli su un possibile cambio di strategia, diventiamo prevedibili.
Non esiste una sola strategia per affrontare avversari e problemi. Credere sia così è da arroganti. Dobbiamo saperci adattare come fa l’acqua in un recipiente sempre diverso.
Judo andrebbe insegnato a scuola come materia obbligatoria a partire dalla prima elementare.
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