Una delle caratteristiche umane che mai e poi mai riuscirò a comprendere è la capacità che hanno le persone di pugnalare alla spalle chi ha mostrato amore per loro.
C’è una favola di Esopo che recita:
Un vecchio contadino durante la stagione dell’inverno, avendo trovato una serpe intirizzita dal freddo e avendone avuto compassione, la prese e se la mise in seno.
Quella poi, riscaldandosi e riprendendo la propria natura, ferì il benefattore e lo uccise.
Allora lui morendo disse: “Ho avuto ciò che merito, poiché ho avuto compassione di una creatura malvagia“.
Fin quando devi salvare un animale la questione è semplice: lo vedi, lo riconosci e stabilisci se sia o non sia pericoloso salvarlo. Ma cosa fare quando si ha a che fare con i propri simili? Cosa fare quando si incontra una persona che non si conosce e che ha bisogno di aiuto?
La aiuti, ovvio.
Il problema però è che in questo modo scopri solo dopo la vera natura delle persone a cui hai prestato soccorso.
Il problema nel problema è che la maggior parte delle volte è proprio di una serpe che si tratta. Perché non c’è cosa più facile che pugnalare qualcuno quando ti volta le spalle (stranamente l’evoluzione non ha fornito alla specie umana un paio di occhi posteriori, a Giulio Cesare avrebbero senz’altro fatto comodo).
La domanda allora sorge spontanea? Quante volte ci si deve far mordere prima di poter gridare al mondo:
Mi sono rotto il cazzo del prossimo!
Forse inizio a sentire gli effetti di questa pandemia, inizio ad essere stanco. Ovunque mi volti vedo solo gente incazzata. I social brulicano di persone con il dente avvelenato, di pessime battute e di sarcasmo scadente.
Abbiamo smesso di sentirci comunità, siamo diventati individui soli. Come tigri ferite ce ne stiamo in un angolo pronte a graffiare chiunque si avvicini. E così parole come riconoscenza, rispetto, amore hanno perso tutto il loro valore.
Quando ero più piccolo potevo mangiare qualunque cosa, anche le pietre. Il mio apparato digerente mi permetteva di tutto. Adesso però è diverso e non mi perdona più nulla. Allo stesso modo cose che prima non mi ferivano nemmeno di striscio ora mi fanno male. Come fare allora?
Forse è giunto il momento di trarre insegnamento dall’Hagakure e di smetterla di essere il samurai con la spada arrugginita:
Se la spada del samurai è sempre sguainata e levata minacciosamente, tutti ne avranno paura ed egli avrà difficoltà a farsi degli amici. Se, al contrario, la spada non viene mai tolta del fodero, la lama perderà la l’affilatura e si coprirà di ruggine, e nessuno temerà più chi la porta.
La verità è che ogni tanto essere stronzi ripaga. Per le opere caritatevoli del resto c’è la Chiesa. Lo stesso Gesù disse: “Porgi l’altra guancia”. Devo desumere, dato che le guance sono solo due, che dopo una seconda occasione mancata sia giusto incazzarsi.
Per questo motivo sono arrivato a questa conclusione:
Per colpa di qualcuno non si fa amicizia con nessuno.
— Il Diavolo Ψ (@Dlavolo) December 8, 2020
Qualcuno una volta ha detto:
Più conosco le persone, più preferisco il mio cane.
Purtroppo non posso che essere d’accordo e, se mai dovessi incontrare nuovamente una serpe ferita, tirerei dritto e tornerei indietro sui miei passi solo per poterla calpestare di nuovo.
Quindi se sei il mio prossimo, non prendertela se non ti amo. È che ti vedo più come un amico (forse).